DRC

Ho apprezzato moltissimo i sui interventi sul 3D MISURE E ASCOLTO e oltre a condividere ciò che ha scritto condivido anche il suo disappunto per come questi 3D si sviluppano.
Come potrà anche leggere qui alla fine è giunto alla stessa “triste” conclusione di Marco Lincetto e di questo sono veramente molto dispiaciuto perché siete tra i pochi che parlano chiaramente senza nascondersi dietro le solite ipocrite frasi di circostanza.

Per venire al “dunque” della mia E-mail volevo sapere se ha mai provato la correzione ambientale (DRC) e se si che cosa ne pensa a riguardo.

Per chiarire meglio ciò che intendo per DRC (nel remoto caso non lo sapesse) è praticamente l’utilizzo del software creato da Denis Sgabrion (ma ce ne sono anche altri) che corregge sia in ampiezza che in fase un segnale per far si che la risposta dell’accoppiata impianto/ambiente sia piatta (in realtà si può impostare qualunque “curva”).
Un esempio pratico “commerciale” è il PAC di AVA ma ci sono anche molti appassionati che si assemblano un PC da interporre tra sorgente e DAC (nel caso di una correzione in digitale) o tra pre e finale (correzione in “finto” analogico poiché si provvede ad una doppia conversione).
La ringrazio anticipatamente e le porgo i miei distinti saluti

Brignoli Antonio (Cenate Sopra – BG)


Caro Brignoli,

conosco il DRC di Sbragion solo “per sentito dire”.

Quindi non reputo assolutamente corretto, da parte mia, entrare nello specifico di quel sistema di equalizzazione ambientale digitale.

Posso però ricordare che la prima volta che ho sentito parlare di un sistema capace di effettuare una correzione acustica ambientale nel dominio del tempo, è stato quando nei primi anni ’80 ho letto delle ricerche e delle realizzazioni di Bob Berkowitz e Ron Genereux alla Acoustic Research.

Da allora evidentemente di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, ma già da quelle primissime ricerche si era capito che la chiave di volta per poter effettuare una vera correzione acustica ambientale era proprio nell’approccio nuovo che poteva finalmente prevedere interventi nel dominio del tempo anziché in quello della frequenza.

Detto in parole povere, invece di tentare di attenuare i picchi di livello (e contestualmente “riempire i buchi”) causati dalle onde stazionarie ed altro (con un normale equalizzatore a terzi d’ottava, ad esempio), si poteva intervenire sulla nascita ed il mantenimento delle stazionarie stesse. Correggendo quindi sia il livello che i tempi di attacco e di decadimento, frequenza per frequenza. E per di più con un sistema automatizzato.

Tutto ciò sembrerebbe bellissimo… Ed in effetti almeno in parte lo è e lo sembra anche a moltissime persone. Ma, come spesso accade, fra il dire e il fare…

In questo caso lo zampino malefico a mio modesto parere ce lo mette il funzionamento del nostro sistema uditivo, intendendo compreso in esso anche il nostro cervello e annesse funzioni di memoria.

Anche qui il discorso potrebbe rischiare di coinvolgere tanti concetti piuttosto astrusi e tanti paroloni degni di ambiti molto più ristretti di questo.

Mi limiterò quindi a tentare di esemplificare dicendo che, come personalmente vado esponendo da molti anni, il concetto di correzione acustica ambientale (di qualsivoglia tipo) può essere considerato valido ed efficace solo a patto che siano rispettate almeno un paio di condizioni che proverò ad esporre brevemente nel seguito.

1) Se l’ambiente di ascolto fosse particolarmente assorbente e totalmente ignoto agli ascoltatori (potrebbe trattarsi di un cinema) sarebbe possibile prevedere una correzione tale da compensare il più possibile le caratteristiche dell’ambiente, in modo tale da ottenere una curva di risposta in frequenza globale (nonché caratteristiche temporali), dell’impianto di riproduzione più l’ambiente, che ricalchi andamenti prestabiliti. E che siano eventualmente sempre gli stessi anche in ambienti diversi. La curva frequenza/livello, ad esempio, potrebbe essere anche quella “di H.Møller”, ma potrebbero essere anche altre. E in questo caso ci siamo.

Purtroppo però, come vedremo, la condizione espressa al punto (2), ovvero che l’equalizzazione ambientale sia efficace su una porzione rilevante dell’area d’ascolto, rende difficile una sua efficace applicazione in ambienti molto grandi.

Se invece si trattasse di un ambiente domestico di caratteristiche acustiche medie, e magari adibito anche ad usi diversi dall’ascolto dell’impianto hi-fi, cioè tale che nello stesso ambiente venga passato abbastanza tempo anche ascoltando suoni diversi, una correzione acustica “ambientale” così drastica non sarebbe sicuramente quella preferibile.

E attenzione, perché fra i “suoni diversi” sono compresi anche quelli che entrano nell’ambiente attraverso porte e finestre, lo scalpiccìo e il respiro dello stesso ascoltatore, i rumori causati spostando soprammobili o sedie, i rumori causati da apparecchiature o persone, le stesse voci propria e/o di altre persone…

Se il fruitore dell’impianto, grazie all’ascolto di tali rumori in quell’ambiente (magari per periodi non brevissimi), ha avuto modo di memorizzarne le caratteristiche acustiche, il suo cervello sarà diventato capace di sottrarle almeno in parte da qualsiasi nuovo segnale acustico venga da lui percepito all’interno di quello stesso ambiente. Ed anzi, si aspetterà che i nuovi suoni “riprodotti” che andrà ad ascoltare nello stesso ambiente ne siano affetti esattamente come tutti quelli “naturali” che ha già avuto modo di memorizzare.

E’ proprio per questo motivo che la voce di un nostro familiare non ci sembra poi così diversa quando la ascoltiamo all’interno della nostra auto o in casa nostra.

Se misurassimo lo spettro acustico di quella voce effettivamente ricevuto dalle nostre orecchie potremmo rilevare differenze molto superiori a quelle che effettivamente “sentiamo”. Ecco perché quando entriamo con la stessa persona in un’auto che non conosciamo la sua voce ci apparirà invece abbastanza diversa. Il nostro cervello, l’acustica di quell’auto non l’ha ancora memorizzata abbastanza bene, tanto da poterne prevedere gli effetti su quel suono (la voce del nostro familiare) che noi conosciamo bene per averlo ascoltato in ambienti aventi caratteristiche acustiche tutt’altro differenti.

Ecco quindi che, sempre secondo Renato Giussani, una correzione acustica tendente a sostituire “totalmente” le caratteristiche acustiche dell’ambiente d’ascolto, nel caso in cui quell’ambiente sia ben conosciuto non deve essere attuata mai.

Ben diverso il discorso riguardante “l’interfacciamento” fra i diffusori acustici e l’ambiente.

Così come sarebbe ben poco naturale che un nostro amico intrattenga una conversazione con noi andando ad accovacciarsi in un angolo della stanza, altrettanto sbagliato sarebbe non intervenire su alterazioni indesiderate della emissione degli altoparlanti dipendenti dalla loro installazione.

2) Per quanto riguarda la seconda condizione, fortunatamente, potrò essere molto più breve.

A me risulta che, proprio per la tipologia dei fenomeni acustici coinvolti e le modalità dell’intervento attuato dai dispositivi di cui parlasi, la correzione da essi prevista sia realmente conseguibile solo per una ben precisa posizione di ascolto. Il che significa che un ascoltatore che ponga le sue orecchie in una posizione diversa da quella che aveva occupato il microfono usato per l’equalizzazione, non ne potrebbe fruire che in parte (e “quanta” non è dato facilmente sapere, a priori).

E’ evidente che una persona come me, che ha iniziato nel 1981 a proporre sistemi di diffusione stereofonica tali da poter consentire un ascolto ottimale contemporaneamente a più persone, distribuite su un’area di ascolto tridimensionale abbastanza ampia, questa limitazione non può tollerarla.

Se poi, in pratica, tale condizione dovesse risultare non così stringente come potrebbe apparire da una analisi teorica superficiale, ciò non vuol dire che la equalizzazione ottenibile con i sistemi digitali automatizzati non sia comunque caratterizzata da un metodo e una impostazione tecnicologica di verso esattamente contrario a quello dei risultati che personalmente ho sempre voluto ottenere (DSR & NPS) e che alla luce dell’enorme successo dei sistemi Home-Theatre meriterebbero oggi una considerazione ben maggiore.

Peraltro, ove l’equalizzazione ambientale nel dominio del tempo fosse impiegata per effettuare correzioni “non totali” e solo all’interno di una banda di frequenze in prossimità dell’estremo inferiore (lunghezze d’onda “grandi” in relazione all’area d’ascolto), potrebbe essere considerata applicabile positivamente almeno in ambito domestico ed anche, eventualmente, in aggiunta al DSR.