Il Compressore audio – seconda puntata

Nella puntata precedente abbiamo visto la nascita e l’uso dei compressori audio, analizzando le ragioni per cui si utilizza e anche qualche esempio di abuso.

Ora analizziamo come funziona.

Definiamo i Parametri

Prima di procedere con l’analisi tecnica del funzionamento dei Compressori è necessario definire con maggiore precisione i parametri che controllano il funzionamento, riferendoci a quanto introdotto nel paragrafo “Caratteristiche generali di un compressore audio” nella puntata precedente.

FIGURA 7
FIGURA 7

FIGURA 8
FIGURA 8

Per capire bene il significato dei parametri anche dal punto di vista quantitativo utilizziamo il pannello di controllo di un compressore digitale, in quanto rappresenta in modo grafico la curva di risposta del compressore modificandola in tempo reale mano a mano che si impostano i parametri: in altre parole attribuiamo valori numerici al grafico di Fig. 1 che era puramente qualitativo (in Fig.7 e Fig.8).
I sistemi digitali usano come riferimento il Valore 0 dBFS, che significa “deciBel riferiti al Fondo Scala”, cioè al valore massimo ottenibile: in un sistema digitale il valore 0 dBFS si ottiene quando tutti i bit che compongono il segnale convertito da analogico a digitale assumono il valore 1: è chiaramente il massimo valore del segnale rappresentabile nell’audio digitale.

Il livello al quale la compressione ha inizio è definito Soglia (Threshold): nell’esempio è impostata a – 24 dB.
Sotto il valore di soglia ad una variazione del segnale di ingresso di ad es. 12 dB, da -36 dB a -24 dB(asse orizzontale), corrisponde una variazione del segnale di uscita di 12 dB, da -28 dB a -16 dB (asse verticale): non si ha alcuna compressione.

Sopra la soglia ad una variazione del segnale di ingresso di ad es. 12 dB, da -24 dB a -12 dB, corrisponde una variazione del segnale di uscita di 8 dB, da -16 dB a -8 dB.
Per segnali superiori al valore di soglia si ha una limitazione del guadagno, cioè una Compressione.

Il Rapporto di Compressione (Ratio) indica quanto ampia è la compressione, che è definita dal rapporto fra la variazione in ingresso e la variazione in uscita.
Nell’esempio di Fig.7 si ha 12 / 8 = 1,5, nell’esempio di Fig.8 (la soglia è sempre a -24 dB) il rapporto di compressione è 12 / 2 = 6.

Il tempo di attacco (Attack) indica con quale ritardo rispetto al fronte di salita del segnale, quando il segnale supera il valore di soglia, la compressione diviene effettiva.
Il tempo di rilascio (Release oppure Recovery) indica per quanto tempo dopo la diminuzione del segnale sotto il valore di soglia la compressione rimane attiva.

Architettura e tecnologia

Vediamo ora come è fatto un compressore audio.
Esistono molti tipi diversi di compressore audio, il compressore può essere molto semplice o molto complesso e realizzato con tecniche diverse; gli aspetti da analizzare sono essenzialmente due: la tecnologia, cioè il mezzo con il quale si ottiene la riduzione della dinamica, e l’architettura, cioè quale è il segnale che comanda la riduzione della dinamica.

Tecnologia

Il controllo della dinamica si ottiene variando l’amplificazione di uno stadio della catena di trasmissione del suono.
Esistono due tecniche per il controllo dell’amplificazione: l’uso di un attenuatore variabile oppure di uno stadio di amplificazione a guadagno variabile.

FIGURA 9
FIGURA 9

Attenuatori variabili

Un attenuatore variabile è come un controllo di volume del quale sia possibile azionare l’asse del potenziometro con la velocità necessaria.
Questa tecnica si basa sulla variazione della resistività di un elemento elettronico, che può essere attivo o passivo, a seguito della variazione di un segnale esterno.
Lo schema concettuale dei sistemi ad attenuazione variabile è estremamente semplice, come appare da Fig. 9.
L’elemento a resistività variabile può essere di vari tipi; elenchiamo di seguito le tipologie di dispositivi utilizzati, illustrando per ogni dispositivo i principi di funzionamento e i compressori effettivamente utilizzati dall’industria del suono che ne facevano uso.

Attenuatore ottico

L’attenuatore ottico è costituito da un fotoresistore e da un dispositivo che emette luce con intensità proporzionale al livello del segnale di controllo.
La resistenza del fotoresistore diminuisce all’aumentare dell’intensità luminosa, quindi il livello del segnale di uscita diminuisce all’aumentare del segnale di controllo.
I fotoresistori hanno un tempo di reazione non nullo, se l’illuminazione passa da zero al massimo istantaneamente la resistenza del fotoresistore raggiunge il minimo non istantaneamente ma in un tempo definito, che dipende dai materiali con cui è costruito; i fotoresistori normali hanno un tempo di reazione all’illuminazione dell’ordine delle decine di millisecondi.

FIGURA 10
FIGURA 10

FIGURA 11
FIGURA 11

Il compressore ottico è strutturalmente il compressore più semplice; ove non serva né velocità né precisione può essere realizzato con un fotoresistore e una lampadina.
Più generalmente l’elemento generatore di luce è un diodo LED.
Inserendo un LED e un fotoresistore in un contenitore a tenuta di luce si realizza una unità di attenuazione perfettamente funzionante; oggi sono disponibili componenti completi così fatti, detti VACTROL, osservando bene la costruzione si vede che sono costituiti da componenti discreti.
In Fig. 10 da sinistra un fotoresistore, un LED bianco, LED e fotoresistore assemblati e un VACTROL.
In Fig. 11 le caratteristiche funzionali del VACTROL, che corrispondono sostanzialmente alle caratteristiche del componente assemblato.
A sinistra la resistenza ai capi del resistore in funzione della corrente che passa nel LED, a sinistra i tempi di reazione all’accensione e allo spegnimento.

FIGURA 12
FIGURA 12

Il capostipite dei compressori ottici può essere considerato il Teletronix LA-1, di cui furono costruiti circa un centinaio di esemplari; fu quasi subito sostituito dal LA-2, che in varie versioni, tutte concettualmente identiche, è ancora in uso.

In Fig. 12 lo schema dello stadio di ingresso e attenuazione variabile del LA-2A.

Informazioni dettagliate sul Teletronix LA-2A, ora prodotto da Universal Audio, si trovano a questi url:

http://www.uaudio.com/hardware/compressors/la-2a.html

http://en.wikipedia.org/wiki/LA-2A_Leveling_Amplifier

La caratteristica dei compressori ottici è la bassa distorsione, dovuta alla linearità dei fotoresistori, che sono elementi passivi, e il tempo di reazione, piuttosto lungo, dovuto alla lentezza dei fotoresistori.
Queste due caratteristiche danno ai compressori ottici una grande musicalità dove non siano richieste prestazioni estreme.

Attenuatore a JFET

FIGURA 13
FIGURA 13

L’elemento a resistività variabile è un JFET il cui Drain non è collegato all’alimentazione ma funge da resistore variabile (il punto di lavoro è nell’area resistiva, non della saturazione), la resistenza Drain-Source è controllata dalla tensione positiva applicata al gate: maggiore è la tensione minore è la resistenza Drain-Source e maggiore è l’attenuazione del segnale.

Il rappresentante emblematico dei compressori a JFET è l’Universal Audio 1176, nato all’inizio degli anni 70, tuttora in produzione sia come componente singolo che integrato nell’altrettanto noto preamplificatore microfonico UA6176 e correntemente usato in molti studi di registrazione.

In Fig. 13 lo schema dello stadio di ingresso e attenuazione variabile del 1176.

Informazioni dettagliate sul 1176 Universal Audio si trovano a questo url:

http://www.uaudio.com/hardware/compressors/1176ln.html

L’attenuatore a JFET è estremamente veloce e permette di realizzare compressori e limitatori con tempi di reazione misurabili in microsecondi.
La distorsione è più elevata rispetto ai compressori ottici, ma questo non è necessariamente un difetto, se viene contenuta entro livelli ragionevoli, in quanto contribuisce al carattere del suono; per questo motivo è molto usato nelle registrazioni di musica pop e rock.
La distorsione rimane a livello trascurabile se il livello del segnale di ingresso viene mantenuto sufficientemente basso; si tratta di trovare il miglior compromesso fra distorsione e rumore.

Attenuatore a ponte di diodi

FIGURA 14
FIGURA 14

L’attenuatore a ponte di diodi sfrutta la dipendenza della resistività dei diodi dalla corrente che li attraversa, o dalla tensione diretta che è lo stesso, nella zona del “ginocchio” della curva caratteristica.

In Fig. 14 vediamo la curva caratteristica di un diodo per piccoli segnali.

La resistività è data dalla tangente della curva Tensione/Corrente: per tensione diretta bassa la tangente è ripida e la resistività è quindi alta, per tensioni alte la pendenza della tangente diminuisce e analogamente la resistività.
Nel caso del diodo di Fig. 14 fra il punto a 0,55 V e 0,8 V di tensione diretta la resistenza del diodo varia di un fattore 10.

Per ottenere un segnale in uscita bilanciato ed esente da offset si usa una configurazione a ponte, il segnale di ingresso deve essere basso e soprattutto i diodi devono essere selezionati con tolleranze molto basse in una ampia gamma di temperature.

FIGURA 15
FIGURA 15

In Fig. 15 il circuito di attenuazione del classico NEVE 33609 che utilizza un ponte di 1N4153 selezionati.

Il ponte è alimentato nel verso di conduzione dei diodi dal segnale di controllo e risulta in parallelo al resistore da 5,6 kOhm: con l’aumento della corrente che scorre nel ponte la resistenza in parallelo ai 5,6 kOhm diminuisce e l’attenuazione cresce.
L’attenuatore a ponte di diodi è veloce quanto l’attenuatore a JFET; la distorsione, causata dalla non linearità della curva, viene ridotta dalla configurazione a ponte che si adatta meglio a trattare un segnale bilanciato.
L’attenuatore a ponte deve comunque essere alimentato da un segnale di livello basso per ottenere una bassa distorsione, infatti nel NEVE come si vede in Fig. 15 il segnale di ingresso, che è al livello standard per l’ambito professionale pari a + 4 dBu, viene attenuato di circa 25 dB prima di alimentare il ponte.

Amplificatori a guadagno variabile

FIGURA 16
FIGURA 16

Uno stadio a guadagno variabile si basa sul principio che la transconduttanza dei dispositivi attivi dipende dalla corrente che scorre nel dispositivo stesso.

I dispositivi attivi possono essere valvole, transistor e FET/MOSFET.

La trasconduttanza gm di una valvola dipende dalla costruzione interna della valvola stessa.

In tutte le valvole la trasconduttanza varia con la corrente di placca, ma nella maggior parte delle valvole la costruzione è tale da mantenere la trasconduttanza costante, perciò una normale 12AX7 non è molto efficace per costruire un amplificatore a guadagno variabile.

Alcuni tipi di valvole sono stati invece progettati proprio per avere trasconduttanza variabile, ad esempio per essere usati in origine nei sistemi di controllo automatico del guadagno nei ricevitori.

Possiamo confrontare le curve di trasconduttanza di due valvole per altri aspetti simili: la 6AU6 e la 6BA6, entrambi pentodi con zoccolo miniatura ( 7 piedini).

La prima è un pentodo detto “sharp cutoff” (interdizione brusca), il secondo un “remote cutoff” (interdizione lontana).

In una valvola “sharp cutoff” la trasconduttanza si azzera bruscamente con pochi volt negativi sulla griglia, mentre in una “remote cutoff” l’interdizione richiede una tensione negativa molto alta.

Ciò appare chiaramente dal confronto delle curve della Fig.16; è da notare che nelle curve della 6BA6 la scala verticale della trasconduttanza è logaritmica e che la polarizzazione della griglia schermo influisce in modo vistoso sul comportamento della trasconduttanza: nella valvola “remote cutoff” la trasconduttanza è modulabile con precisione.

Esistono anche triodi a trasconduttanza variabile, ad esempio la 6BC8 che era montata sui primi compressori Altec e sull’Universal Audio 177, ma il doppio triodo in assoluto più usato nei compressori a valvole è la 6386, un doppio triodo costosissimo che negli anni 60 e 70 ha equipaggiato tra gli altri il Manley Disa91 (http://gyraf.dk/schematics/Disa91n_02_limiter.gif) e il Fairchild 670 (http://www.historyofrecording.com/fairchild670.html ), un “mostro” con 6 valvole e quattro trasformatori per canale (era stereo) e alimentazione stabilizzata a 3 valvole.

Nei compressori a valvole il guadagno variabile si ottiene variando la tensione negativa che polarizza la griglia, o le griglie nel caso di stadi bilanciati (che è la struttura più diffusa nei sistemi professionali): più la griglia è negativa minore è la corrente di placca e minore è il guadagno dello stadio.

FIGURA 17
FIGURA 17

In Fig. 17 lo stadio di controllo del guadagno del Manley DISA91: la polarizzazione delle griglie è stabilita dal segnale di controllo (come in tutti i sistemi professionali il sistema è bilanciato e ingresso e uscita utilizzano trasformatori).

È da notare che la tensione negativa di polarizzazione è dell’ordine delle decine di Volts, mentre il segnale audio è dell’ordine del Volt (il livello di segnale standard dei sistemi professionali è + 4 dBU, che corrisponde a circa 1,35 V RMS).

Per questo motivo il compressore valvolare presenta una distorsione molto bassa, in quanto la funzione di trasferimento è sostanzialmente lineare nell’ambito dell’ampiezza del segnale audio, e lo stadio bilanciato contribuisce ad abbattere la distorsione mediante l’eliminazione (tipica degli stadi push pull) della distorsione di seconda armonica.

Nel caso di transistor a giunzione la trasconduttanza è una caratteristica delle giunzioni P-N e si comporta allo stesso modo in tutti i dispositivi.

La trasconduttanza è espressa da una relazione molto semplice:

gm = Ic / Vt (in mA / mV )
dove Vt è la tensione termica delle giunzioni P-N che vale, a temperatura ambiente, circa 26 mV.

Vt = kB * T / q
dove kB è la costante di Boltzman, T è la temperatura assoluta e q è la carica dell’elettrone.

FIGURA 18
FIGURA 18

In Fig. 18 la struttura di un semplice ma efficace stadio amplificatore a guadagno variabile.

La tensione di controllo governa la corrente che scorre nell’amplificatore differenziale e quindi il guadagno dello stadio.

FIGURA 19
FIGURA 19

Il JFET è un dispositivo dal comportamento analogo a quello della valvola, nelle condizioni normali di utilizzo come amplificatore è un generatore di corrente controllato in tensione; in Fig. 19 la trasconduttanza di un comune JFET (BF244).

Sono presenti due gruppi di curve in quanto le tolleranze di produzione nei JFET sono elevate e la tensione di interdizione ( Vgs off ) varia molto nell’ambito dello stesso tipo di JFET.
È comunque evidente che la tensione di controllo ha una gamma utile molto minore che nelle valvole e soprattutto in prossimità dell’interdizione la transconduttanza non è facilmente controllabile.

Oggi gli amplificatori a guadagno variabile a stato solido sono realizzati credo quasi esclusivamente mediante integrati, dal semplice NE572 al sofisticato circuito che integra più funzioni THAT4301.
Il circuito di THAT Corp. è basato sui progetti dei compressori DBX.
Informazioni dettagliate su THAT4301 su questo link:

http://www.thatcorp.com/4301_Analog_Engine_Dynamics_Processor.shtml

Informazioni sui compressori DBX su questo link:

http://www.dbxpro.com/en-US/product_families/dynamics-processors

Architettura

FIGURA 20
FIGURA 20

Esistono due tipi di architettura: il sistema a retroazione e il sistema a proazione (utilizzando i correnti termini inglesi: “feedback” e “feedforward”).

Nei sistemi a retroazione (storicamente i primi a comparire sul mercato) il segnale di controllo viene ricavato dall’uscita del compressore, dopo lo stadio di controllo del guadagno, come da Fig. 20.

Nei compressori a retroazione il segnale di controllo è ricavato dal segnale già elaborato dal compressore, i sistemi a retroazione sono per loro natura auto adattanti, pertanto la relazione fra il segnale di controllo e la riduzione del guadagno non è ben definita.

Il Livello di Soglia modifica il guadagno dell’anello di controreazione e quindi modifica tutti i parametri, il risultato è che il Rapporto di compressione non è ben definito, cioè non corrisponde al valore numerico impostato dalla manopola di comando (o dai pulsanti) e i tempi di Attacco e Rilascio sono variabili.

Inoltre come in tutti i sistemi a retroazione il ritardo dell’anello di controreazione può causare instabilità.

FIGURA 21
FIGURA 21

Nei sistemi a proazione il segnale di controllo è ricavato dal segnale di ingresso, non elaborato, e viene quindi applicato allo stadio di controllo del guadagno, come in Fig. 21.

Nei compressori a proazione lo stadio di generazione del segnale di controllo deve calcolare la riduzione di guadagno che deve essere applicata in funzione delle impostazioni, in altre parole deve determinare la legge di riduzione del guadagno.
L’accuratezza della legge di riduzione del guadagno in funzione del livello del segnale dipende dal dispositivo di regolazione del guadagno, è sufficiente osservare la curva della trasconduttanza della 6BA6 per comprendere che la relazione può non essere lineare, ma è comunque definibile in modo univoco dato che il segnale di controllo nasce dal segnale in ingresso.
I tempi di Attacco e di Rilascio e il Rapporto di Compressione possono essere definiti rigorosamente e in modo sostanzialmente indipendente dalla Soglia.

In realtà queste considerazioni hanno valore puramente teorico, la totalità dei compressori “vintage” sono a retroazione mentre il capostipite dei compressori moderni professionali, il DBX, ha architettura a proazione ed altri moderni sono a retroazione, ma nessun ingegnere del suono fa calcoli matematici per decidere soglia e rapporto di compressione, l’impostazione dei parametri viene sempre fatta in base all’esperienza, alle circostanze (tipo di musica, destinazione della musica) e all’orecchio.

Contrariamente alle apparenze il compressore non è un dispositivo dall’utilizzo immediato e semplice, in quanto deve avere il suo effetto ma deve “scomparire” dal risultato finale.

Gianni Cornara

<-- prima puntata