La musica da “guardare”

L’altro giorno ho avuto il piacere di assistere ad un concerto di Stefano Bollani assieme all’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, nell’ambito della rassegna “Luglio suona bene”.

L’evento si è svolto alla cavea dell’Auditorium Parco della Musica. Non sono un esperto di musica classica e sinfonica in particolare; non sono quindi in grado di esprimere un giudizio sull’esecuzione dei vari brani, ma voglio esprimere solo le mie sensazioni . Per me è stato un concerto fantastico; due dei quattro brani eseguiti li conoscevo bene, gli altri sono stati una sorpresa.

L’esecuzione è iniziata con “Morphic Waves” del compositore olandese di musica classica contemporanea Joey Roukens. Il brano è un lungo (23 minuti) snodarsi di “onde” musicali, onde di crescendo e diminuendo, con parti orchestrali che si espandono e si contraggono, sostenute da lunghissimi tappeti di violini. A parte la bellezza del brano, che mi ha davvero impressionato, quello che mi ha colpito è stato il direttore d’orchestra: mentre lo guardavo dirigere mi sono reso conto che, a dispetto della “lentezza” della musica, il “tempo” era invece serrato; un quattro quarti veloce, che contrastava visivamente con quello che le mie orecchie sentivano. Solo durante la prosecuzione del brano ho capito che in realtà quella velocità delle battute, dapprima solo osservata dei miei occhi, era in realtà anche percepita dalle mie orecchie come continui mutamenti della dinamica di ogni strumento… Ecco le “Waves” del brano, un “mare” di grandi ondate di suono, dove ognuna di esse è in realtà composta da una miriade di altre onde più piccole, a volte impercettibili, altre volte ben più evidenti. Se avessi solo ascoltato il brano invece di “osservare” l’esecuzione, forse non me ne sarei accorto, o forse si, ma credo non in maniera immediata.

“Concerto azzurro” scritto da Stefano Bollani, è stato il secondo brano. Avevo già ascoltato il terzo movimento negli studi Voxon di Roma, in occasione della registrazione della trasmissione televisiva “L’importante è avere un piano” trasmessa sula Rai 1 tra novembre e dicembre 2016. In quell’occasione il terzo movimento, l’unico trasmesso, era eseguito dalla JuniOrchestra, l’orchestra giovanile di Santa Cecilia, a cui partecipano ragazzi dai 4 ai 23 anni. Oltre alla bellezza della composizione di Bollani, in cui il terzo movimento spicca notevolmente sugli altri, anche qui la visione di lui insieme all’orchestra è stata illuminante: il virtuoso pianista si stava davvero divertendo mentre suonava, ingaggiando quasi una “gara” con il direttore d’orchestra (il bravissimo Kristjan Järvi), gara che è poi proseguita anche dopo la fine del brano, con Bollani che con il suo solito brio istrionico improvvisava a ruota libera infilando tra un turbinio di note e l’altro qualche musichetta tra le più orecchiabili mentre Järvi lo “dirigeva” dandogli pacche sulle spalle.

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“Rapsodia in Blue” e “Un americano a Parigi”, di George Gershwin i brani finali. Che dire… fantastici. Conosco Rapsodia in Blue a memoria da quando mia madre, mentre ero ancora al liceo, acquistò il cofanetto “Rapsodia in Blue e altre 72 melodie indimenticabili” di “Selezione dal Reader’s Digest”. Il primo disco, quello contenente anche “Il volo del calabrone” di Rimsky-Korsakoff e “Danza rituale del fuoco” di De falla, lo ascoltai tante di quelle volte da “consumarlo”. Amavo il poema sinfonico di Gershwin e ammiravo la grande tecnica del pianista di allora, Eearl Wild. Non ho potuto che rinnovare questo mio entusiasmo ascoltando, ma soprattutto “guardando” l’esecuzione di Bollani, che con maestria, tanta tecnica e soprattutto leggiadria, faceva uscire dal suo piano dei veri “fiumi di note”.

E’ stato alla fine del concerto, mentre tornavo a casa felice e beato, che mi sono reso conto del fatto che l’evento appena “vissuto” aveva risvegliato in me momenti passati della mia vita e fatto “vivere” sensazioni nuove in una maniera che nessun ascolto, neanche nella saletta col migliore impianto hi-fi avrebbe mai potuto.
Ho capito che la musica, soprattutto quella classica, non va solo ascoltata, ma anche e soprattutto “guardata”. Nessun impianto mai potrà “mostrare” il direttore d’orchestra tenere un tempo forsennato quando invece la musica scorre lenta; da nessun sistema di altoparlanti, seppur di altissima qualità, potranno mai uscire i movimenti velocissimi ma leggeri delle dita di Bollani,e , ancor di più, il suo sorriso mentre si divertiva a prendere in giro Kristjan Järvi nel loro giocoso duello di bravura.
Non c’è niente da fare: anche un impianto hi-fi con un grande schermo video non potrà mai darmi le sensazioni di un concerto dal vivo. È il caso che mi dia da fare: cerco subito il calendario dei concerti…

 

Foto per gentile concessione di © Musacchio, Ianniello, Pasqualini, 05-07-2017 e Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma

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